La nostra proposta per una visione prospettica del territorio
Il territorio, oggi, è tornato ad essere al centro del dibattito politico: la cronaca annovera, purtroppo, eventi catastrofici che mietono vittime, distruggono case, annientano aziende agricole… e chissà cosa ci potrebbe ancora riservare la furia degli elementi e l’insipienza dell’uomo. La narrazione è svuotata di significato ed è stata ridotta a mera contabilità di danni e vittime. Ripartiamo da qui.
Il territorio non va più inteso solo come terreno, ma incarna un concetto più ampio: è incontro tra tradizioni ed elemento naturale, tra capacità antropica di trasformazione e resilienza della Natura. Diventa asset imprescindibile ed elemento che indirizza le Comunità verso un modo di vivere e di essere, di rapportarsi con il mondo. L’odierna percezione mainstream della realtà ha, di fatto, svuotato di senso il rapporto tra uomo e territorio, facendoci perdere il significato primo dell’”essere in relazione”. Stiamo imparando a nostre spese che ciò è profondamente sbagliato. È giunto il momento di tornare a considerare il territorio un elemento da gestire e non solo da sfruttare! Dobbiamo tornare a relazionarci nel modo corretto con ciò che ci sta intorno.
Il mondo contemporaneo presenta sfide sempre nuove: ambientali, economiche, demografiche. Abitiamo quel “Villaggio Globale” teorizzato da Marshall McLuhan: in termini ambientali vuol dire che tutto ciò che succede nel Pianeta, dalla siccità incombente alle tempeste di sabbia, dallo scioglimento dei ghiacciai all’innalzarsi delle temperature medie, ha ripercussioni con il nostro bosco, laguna o Comune in cui viviamo. Vuol dire che il territorio è tornato d’attualità, come metafora dell’operato umano nel mondo, e siamo chiamati ad occuparcene in maniera globale, tenendo in considerazione tanti aspetti (anche quelli che un tempo non avremmo considerato!). Per comprendere le vere dinamiche del territorio occorre uno sforzo in più e probabilmente anche delle professionalità nuove.
“Comprendere il territorio” significa, innanzitutto, conoscerne tutte le dinamiche ed i processi in cui è coinvolto, cosa produce o potrebbe produrre, le problematiche delle aree interne, i flussi migratori degli animali selvatici e le loro possibili interazioni con gli esseri umani, studiare l’idrografia e imparare tutto sulla biodiversità presente. Abbiamo tante domande cui rispondere: è giusto abbattere la fauna selvatica come sta accadendo in Trentino? Stiamo fronteggiando il cambiamento climatico nel giusto modo? Dobbiamo imparare a mettere in relazione il consumo di suolo con il dissesto idro-geografico, che tanti danni sta provocando al nostro Paese e che ci può dare una chiave di lettura, magari parziale ma comunque autentica, sulla scomparsa dell’habitat naturale e le recenti, presunte aggressioni ad opera di orsi o cervi. Dobbiamo mettere in relazione l’agricoltore con il cacciatore, il turista con il produttore di vino e con il pastore. La campagna non è regno esclusivo dell’uomo, ma luogo di convivenza ed equilibrio tra le diverse istanze. La nostra azione deve essere tesa alla ricerca dell’equilibrio, nel contrasto all’azione errata e sproporzionata attuata dall’uomo. L’Unaat si fa portavoce di un nuovo modo di intendere il territorio e di una vera interazione con esso, in cui finalmente il territorio, la natura, possa essere uno dei soggetti al tavolo e non l’elemento debole su cui ricadono le intenzioni dell’uomo.
Vogliamo creare un nuovo modello di studio e relazione e portarlo alla massima dignità istituzionale. Per questo è nata UNAAT – Unione Nazionale Ambiente ed Agriturismo.