Nei siti Unesco 25% per cento di stranieri in meno d’estate, half season compensa
Sono giunti i risultati preliminari dello studio promosso da Enit sulle 59 mete nazionali Patrimonio dell’Umanità, il primo ad analizzare l’effetto dell’aumento delle temperature. Abbiamo un bilancio in pareggio, che sembra più difficile da ottenere nelle destinazioni balneari o del turismo bianco
E grazie ad esso abbiamo scoperto che il progressivo aumento delle temperature medie nel pianeta, che in Italia, al centro del cosiddetto hot spot mediterraneo di cui l’anticiclone africano è fortemente responsabile, è accelerato del 20 per cento rispetto al trend globale, ha già cambiato la modulazione dei flussi turistici internazionali.
Lo rilevano i primi risultati della ricerca “Turismo Climate-sensitive“, un progetto di ricerca presentato da Enit alla Borsa Internazionale del Turismo. Secondo le osservazioni, i turisti stranieri nel Belpaese, e in particolare nei suoi 59 siti Unesco, diminuiscono del 25 per cento nei mesi estivi, con un contestuale aumento “a compensazione” in primavera e autunno.
L’analisi sui 59 siti Unesco del Belpaese
Curato da Fondazione Santagata di Torino, lo studio “è un investimento in ricerca e sviluppo per il turismo mai realizzato finora in Italia, reso necessario anche in risposta ad iniziative di altre destinazioni europee quali Spagna, Francia, Slovenia, Grecia, Portogallo“.
Tra i temi della ricerca anche l’impatto climatico sul turismo culturale in Italia utilizzando i 59 presidi Unesco “come cartine di tornasole della capacità di risposta del sistema nazionale alle criticità del cambiamento climatico”. Una prima conferma a quanto prospettato a inizio estate, ora con modalità rigorosi e scientifici, da uno studio dell’European Travel Commission.
Stagione mare e stagione neve le più vulnerabili
Lo studio infatti mette a fuoco una realtà, quella dei siti Unesco, che è sinonimo se non proprio di turismo slow e di nicchia – basti pensare alle grandi città d’arte, a cominciare dalle big three Roma, Firenze e Venezia che ne sono parte – quantomeno a una forma di esperienza che poggia sulla capacità dell’attrazione di essere ammirata in base a peculiarità che non svaniscono tra estate e inverno o viceversa. Ben altro impatto – e anche questo andrà studiato a fondo – il clima sta avendo e potrà avere vuoi sulle località balneari sempre meno vivibili d’estate, e non necessariamente così allettanti ad aprile o a ottobre, e sulle mete sciistiche sempre più povere di neve, il cui fascino come mete trekking o cicloturistiche potrebbe non bastare a compensare i saldi negativi della stagione bianca