L’UNAAT intervista il dott. Guacci, Presidente della Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello”
La definizione di Provincia Autonoma sembra liberare il Trentino da vincoli etici e naturalistici nei confronti del resto d’Italia? È accettabile che, in soli 23 anni, ben 62 orsi trentini siano stati uccisi, catturati o scomparsi? I dati forniti dalla Provincia di Trento indicano che 9 orsi sono scomparsi, 16 sono morti per cause sconosciute, 8 sono stati predati da altri orsi, 7 sono morti per cause naturali o incidenti stradali, e 6 sono stati uccisi, tra cui M90. Questo conteggio include anche l’orso JJ1 ucciso in Baviera, l’orsa Jurka catturata nel 2010 e trasformata in attrazione turistica in un parco bavarese, l’orsa Daniza uccisa per errore durante la cattura nel 2014, l’orso M49, ora chiamato Papillon, scappato due volte e attualmente rinchiuso al Casteller, e l’orsa JJ4, nota per la morte di Andrea Papi il 5 aprile 2023. Questi numeri denunciano una strage “politically correct” da parte di una Provincia che sostiene di agire in base alla propria autonomia legislativa. Dal 6 febbraio scorso, quando l’orso Sonny (conosciuto anche come M90) è stato ucciso dal Corpo Forestale nei boschi della Bassa Val di Sole, l’Italia è divisa tra due fazioni di natura ideologica opposta, spesso radicata nella politica o addirittura strumentalizzata. La decisione repentina, criticata anche dal Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, è stata presa dopo alcuni avvistamenti del plantigrado e ha messo in luce la complessità del rapporto tra l’uomo e la fauna selvatica. Il cucciolo d’orso, di circa 3 anni, era dotato di radiocollare, rendendolo facilmente rintracciabile in quanto esemplare “confidente”. Sarebbero state possibili soluzioni alternative? Noi crediamo di sì. Inoltre, fino a che punto è giustificato decidere di eliminare gli animali selvatici? Abbattere può sembrare la risposta più semplice ed economica, ma siamo sicuri di agire correttamente? Non solo dal punto di vista etico, ma anche in termini di rispetto dell’ambiente circostante. Abbiamo discusso di questi temi con il dottor Corradino Guacci, Presidente della Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello”.
– Dottor Guacci, M90 è stato ucciso a poche ore dalla firma dell’ordinanza da parte di Fugatti. Era inevitabile?
Non mi sono note, nei dettagli, le interazioni dell’orso M90 con le persone e le attività umane, ma resto convinto del fatto che l’abbattimento non fosse l’unica soluzione possibile ma solo l’ipotesi limite. Dalle cronache sembra rilevarsi che l’orso in questione, un giovane di poco più di due anni, sia stato segnalato alcune volte nei pressi di centri abitati, abbia predato qualche animale domestico e, ultimo episodio – quello incriminato -, abbia poi seguito (si badi bene, non “inseguito”, la differenza non è solo semantica…) due escursionisti per 800 metri, poco più di una settimana fa. Questo è stato il casus belli che ha provocato l’ordinanza del presidente della Provincia, Fugatti, il quale, benché il parere dell’ISPRA prevedesse la cattura o, in alternativa, l’abbattimento, ha direttamente optato per la soluzione estrema. Secondo il PACOBACE (Piano di Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro orientali) le azioni di cui si è reso responsabile M90 possono prevedere reazioni “leggere”, che vanno dall’intensificazione del monitoraggio (per gli esemplari radiocollarati, come M90), all’informazione nei confronti dei frequentatori della zona (sia per attività lavorativa che per diporto), agli interventi di dissuasione, fino ad azioni “energiche”, quelle che prevedono la cattura per spostamento o per captivazione permanente. L’abbattimento, sempre secondo questo protocollo, è previsto come extrema ratio solo in casi particolarmente gravi dove l’aggressività dell’animale è chiaramente manifesta.
– La terza Commissione del Consiglio Provinciale di Trento ha approvato da poche ore il ddl che fissa ad 8 il numero massimo di orsi “problematici” abbattibili nel 2024 e nel 2025. In Slovenia è stato emanato un provvedimento anche più sanguinoso. Stiamo liberalizzando la caccia all’orso?
La possibilità di abbattere otto orsi all’anno (due femmine in età riproduttiva, due maschi adulti e quattro subadulti equamente divisi tra maschi e femmine) è relativa al limite massimo di “prelievo”, giudicato compatibile dall’ISPRA con la conservazione della popolazione. ISPRA avverte anche che in caso di mancata applicazione di “fattori limitanti” (leggi abbattimenti) la popolazione ursina del Trentino potrebbe, in 15 anni, raggiungere le 250 unità. Probabilmente è questa previsione che ha indotto l’Amministrazione Provinciale a inserire la quota massima annua possibile.
Ma qui vorrei fare alcune considerazioni.
Credo non sia corretto immaginare di poter “gestire” la popolazione di un grande mammifero, al vertice della catena alimentare, in un territorio così delimitato. La gestione andrebbe realizzata a livello di arco alpino, per ristabilire quello che era il suo habitat appena due secoli fa.
Probabilmente, il Progetto Life Ursus andava tarato su scala interregionale e, perché no, transfrontaliera. Oggi se la politica volesse, realmente, risolvere il problema, potrebbe intervenire, facilitata tra l’altro dal fatto che le amministrazioni delle Regioni implicate, dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia, sono omologhe al governo centrale. Il Ministro per l’ambiente Pichetto Fratin, che tra l’altro ha mostrato sensibilità per la sorte di M90, potrebbe, ad esempio, convocare i relativi presidenti e concertare un piano di redistribuzione di una quota degli esemplari attualmente concentrati in una sola parte del Trentino.
Purtroppo, il problema della scarsa mobilità della popolazione alpina sconta la stessa causa che blocca l’espansione dell’orso bruno marsicano sull’Appennino: il fattore limitante sta nella filopatrìa delle femmine, ovvero nella riluttanza di queste ultime ad allontanarsi dai siti di alimentazione, svernamento e riproduzione. Certamente è più che probabile che nel giro di 30/40 anni l’orso, dall’ambito ristretto dove oggi è relegato, potrebbe iniziare a colonizzare altri settori della catena alpina. Ma come molti processi “naturali” avrà tempi lunghi e nel frattempo la situazione in Trentino potrebbe degenerare.
Per quanto riguarda la Slovenia, poi, c’è da segnalare che nei Paesi balcanici esiste da sempre una tradizione di caccia all’orso, pratica alla quale si dedicavano in tempi recenti gli autocrati dell’ex Unione Sovietica, basti pensare a Ceaușescu in Romania e lo stesso maresciallo Tito in Slovenia. Proprio la caccia sfrenata e un sistema di taglie ereditate dalla amministrazione austroungarica aveva portato l’orso sulla soglia dell’estinzione: negli anni Sessanta del Novecento rimanevano in Slovenia circa 150 esemplari. Una accorta politica di tutela ha portato a decuplicare quasi il numero di orsi presenti nella regione. Il confronto con i numeri ci indica un diverso atteggiamento rispetto alla presenza del plantigrado. La Slovenia, estesa meno del doppio del Trentino (20.200 kmq contro 13.600) e con una densità di popolazione maggiore (104 ab/kmq rispetto agli 80 del Trentino) ospita in media una popolazione di 1.100/1.200 orsi. L’abbattimento di 230 capi autorizzato nel 2023 doveva servire a riportare il contingente a circa 800 esemplari, numero che viene ritenuto, dalle autorità competenti, compatibile con una convivenza “gestibile”. La densità di orsi in questa regione (oltre 50 esemplari ogni 1000 kmq) è superiore anche a quella dell’orso appenninico che è già alta, raggiungendo i 40 esemplari/1000 kmq. Per fare un paragone con la Slovenia, certamente riduttivo e superficiale, dovremmo immaginare per il Trentino una popolazione di ben oltre 500 orsi! Iniziare ad abbatterli già oggi, quando gli orsi censiti sono circa un centinaio in tutta la regione appare strumentale e frettoloso! La rimozione, nei casi di pericolosità realmente accertata, è una misura accettabile e può essere applicata anche ascoltando le diverse sensibilità che vi sono nel Paese.
– Dottor Guacci, è dunque possibile una convivenza pacifica e proficua tra l’uomo e la fauna selvatica?
La convivenza non solo è possibile ma è senz’altro auspicabile. L’orso è il testimone e il custode di una montagna ricca di biodiversità. Tutelare il suo habitat significa mantenere ecosistemi montani sani e proteggere un’ampia varietà di specie di flora e di fauna che contribuiscono nel loro insieme all’erogazione di quei servizi ecosistemici tanto preziosi e soprattutto “gratuiti”, fino a quando lasceremo che sia la Natura a offrirceli. La politica “muscolare” portata avanti dall’Amministrazione Provinciale, senza investimenti in promozione della cultura della coabitazione, porterà solo a una radicalizzazione dei conflitti e a un aumento del bracconaggio che già preleva, in autonomia, la quota di abbattimenti prevista dalla Provincia.
È necessario, pertanto, cambiare atteggiamento: tanta informazione, tanta formazione, tanta comunicazione e, perché no, anche l’autorizzazione all’utilizzo del bear spray (con efficacia testata pari al 97%) può aiutare a cambiare paradigma.