Allarme, il consumo di suolo aumenta il rischio idrogeologico in Italia

Il Rapporto Anbi mette in luce l’importanza delle aree interne

Il tema dell’eccessivo consumo di suolo torna a catturare l’attenzione dei media, ribadendo l’urgenza di provvedimenti contro l’abbandono dei territori nelle aree interne e la inarrestabile cementificazione delle zone costiere, che aumenta fragilità e rischio idrogeologico ed esposizione ad incendi.

Il consumo di suolo espone il territorio a disastri idrogeologici

L’Osservatorio Anbi

Un alert in più arriva dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che segnala come l’impermeabilizzazione dei territori lungo le fasce costiere (la percentuale di suolo consumato nei primi 300 metri dal mare, cioè il 22,9%, è addirittura più del triplo che sul resto del territorio nazionale), accompagnata da una crescente pressione antropica dovuta all’esodo dalle aree interne, indebolisce la resilienza verso l’estremizzazione degli eventi meteo, che sempre più spesso colpiscono proprio le zone litoranee a causa dello scontro fra correnti fredde nordiche e temperature mediterranee troppo miti.

Un dato lo conferma: dall’inizio dell’anno, ben 309 località costiere italiane sono state colpite da tornado, con un aumento di questi fenomeni rispetto allo stesso periodo del 2024 di quasi il 18% e di +368% rispetto a soli 10 anni fa (elaborazione ANBI su dati ESWD – European Severe Weather Database).

Il rischio idrogeologico

Risulta evidente l’aumento di rischio idrogeologico in tutto il Paese e lungo i litorali. La prevenzione da disastri naturali non può prescindere dalla coscienza dei pericoli, che incombono: contrastare l’eccessiva urbanizzazione lungo le coste e lo spopolamento delle aree interne, creando i presupposti perché il presidio umano continui a popolare anche le aree marginali, deve essere l’obiettivo per garantire sicurezza dagli eventi estremi ed evitare disastri annunciati.

Il continuo sbancamento riduce la resilienza del territorio

Se a tali dati aggiungiamo ulteriori 1.303 ettari di suolo consumato nelle zone a pericolosità idraulica media e 600 ettari in più nelle zone a pericolo frana, nonché circa 274 ettari artificializzati addirittura in aree protette, ben si comprende la necessità di una grande azione di cultura del territorio ad ogni livello.